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sabato 16 marzo 2013

Hitler è tornato. Si può ridere con lui?


La copertina è una trovata riuscita, questo è fuori discussione. Sullo sfondo bianco, il ciuffo bruno e i baffetti si vedono da lontano e non lasciano dubbi sull’oggetto del libro. Solo avvicinandosi, il passante si accorge che i baffi in realtà sono composti dalle lettere del titolo, scritto in caratteri piccoli ma molto spessi: “Er ist wieder da” (“È tornato”, edito da Eichborn, 2012).
 Prima ancora di aver aperto il libro, l’acquirente trattiene a stento il primo sorriso quando passa alla cassa e nota il prezzo, 19.33 euro: una sottile strizzata d’occhio alla presa del potere da parte dei nazisti.
 Ed eccoci già prevenuti: grazie a questo romanzo,  passeremo dei momenti piacevoli in compagnia di Hitler. Non è la prima volta, certo. Charlie Chaplin ha avuto il coraggio di girare Il grande dittatore  nel 1940,  ma quel film non manca di sortire reazioni intense, soprattutto in Germania.

D’altronde, per far capre al lettore che ha tra le mani una bomba, l’editore spiega nel risguardo l’oggetto dello scandalo. Nel corso del libro “il lettore si sorprende sempre più spesso a ridere non più di Hitler, ma con lui. Ridere con Hitler, è possibile? Ne ha il diritto?”

 Si vede il trucco
 
Raramente un editore ha spianato così apertamente la strada al lavoro dei giornalisti. Magari un po’ troppo? Comparso a settembre del 2012, questo romanzo, in un primo momento, era stato pressoché ignorato dalla stampa.
Il trucchetto era troppo palese. D’altronde Hitler fa vendere sempre di meno. Ma, nel caso del romanzo di Timur Vermes, giornalista e dal 2009 ghostwriter, il pubblico ha decretato un destino diverso. Er is wieder da figurava in bella mostra tra i regali di Natale, al punto che ormai questo romanzo è in cima alle classifiche di vendita. 
Il suo editore vanta al momento 456mila titoli venduti, ai quali andrebbero aggiunti  135mila audiolibri. Ventisette case editrici straniere hanno già comprato i diritti (in Francia, Belfond). Chiaramente, la casa editrice Lübbe (che ha rilevato la Eichborn nel 2011, quando questa stava per dichiarare bancarotta) nota più per il suo senso del marketing che per la qualità letteraria della sua produzione, non ha perso tempo a dare la sua impronta a Eichborn, un’antica casa editrice vicina all’estrema sinistra.

L’originalità del libro è doppia: la storia si svolge nel 2011 ed è Hitler stesso a raccontarla in prima persona. Il Führer, scopriamo, non è morto nel 1945. Ecco che si sveglia nel 2011 a Berlino, inconsapevole degli avvenimenti degli ultimi sessantasei anni. Ha un bel da fare a spiegare chi è, i tedeschi che lo incontrano lo scambiano per un attore. Un produttore televisivo lo invita persino nella sua trasmissione. Hitler si trova quindi ad avere un certo successo, al punto da decidere, alla fine, di scrivere un libro e intraprendere una carriera politica. Si sarà capito che per l’autore, Timur Vermes, l’intento del romanzo è quello di far riflettere il lettore: un nuovo Hitler potrebbe risorgere oggi.


Far soldi con tutti i mezzi. 
 
Il successo del libro posa però soprattutto su altre potenzialità: inserendo Hitler nella Germania multiculturale del ventunesimo secolo, il romanzo offre lo spunto per innumerevoli qui pro quo divertenti. La trascrizione dei dialoghi di Hitler, con il suo linguaggio fuori moda, e  i suoi interlocutori, che parlano i più svariati dialetti ,è spesso esilarante. Allo stesso modo, gli immaginari incontri tra Hitler e alcuni responsabili politici realmente esistenti, come Renate Künast, deputata ecologista, su un palco televisivo sono molto ben costruiti.

Siamo pronti a scommettere che questo romanzo non abbia nessuna intenzione né di banalizzare il male, né di provocare una qualsivoglia presa di coscienza sui pericoli di un ritorno della piaga nazista. Come la maggior parte dei personaggi del libro, l’editore non ha che uno scopo, d’altronde assolutamente prevedibile: fare soldi, con qualsiasi mezzo.

L'articolo originale [Peut-on rire avec Hitler?] è di Frédéric Lemaître, corrispondente da Berlino di «Le Monde».
Traduzione: Assunta M.




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